lunedì 23 aprile 2012

i 400 colpi / lost in translation

Scena iniziale: un culo di donna meraviglioso. Scena finale: una promessa tra due innamorati fatta all’orecchio, bisbigliata, che nessuno sa. Tra queste due immagini di una bellezza rara passa un film che non ha luogo, che non ha direzione, proprio come i suoi personaggi. Un film alla ricerca della traduzione perfetta, che resta racchiuso in due sequenze senza bisogno di parole. Tradurre è creare.

eugenio giannetta

Lost in Translation, USA / Giappone 2003 – 105’
Attori: Bill Murray, Scarlett Johansson, Giovanni Ribisi
Regia: Sofia Coppola
Sceneggiatura: Sofia Coppola
Montaggio: Sarah Flack
Fotografia: Lance Acord
Scenografia: Towako Kuwajima, Tomomi Nishio
Produttore esecutivo: Francis Ford Coppola
Musiche: My Bloody Valentine, AA.VV


mercoledì 18 aprile 2012

etagere / l'amore ai tempi del colera, gabriel garcia marquez


Gabriel Garcia Marquez
L'amore ai tempi di colera
Oscar Mondadori


Ci sono libri che hanno di diritto un posto in libreria. Come quando sei sul tram e sale una donna incinta o un vecchietto. In automatico cedi il posto, in attesa di un sorriso di lei o del cappello che si leva lui.
Si tratta di libri che richiedono rispetto per il solo titolo. Perché un titolo può fare più spessore delle pagine stesse.
L’amore ai tempi del colera, per me, è uno di quei libri che per il solo fatto di essermi capitato tra le mani su una bancarella è stato acquistato, prima ancora di chiedermi se avessi voluto leggerlo.
Una copertina anonima. A me piacciono le copertine. Molti libri li scelgo dalle copertine. Come quando devi fare un regalo. E’ importante la carta per impacchettarlo. Fa la sua prima “figura” quando lo dai.
Ecco, questa copertina è, invece, davvero brutta.
Ma Marquez gode di una certa autorità, per cui Fermina e Florentino hanno cominciato ad accumulare polvere fino a quando il tempo d’attesa è scaduto e ho voluto conoscere la loro storia.
Non mi piacciono particolarmente i sentimentalismi. Soffro, e non poco, le smielate dichiarazioni d’amore così dannatamente lontane da qualunque esperienza personale. Mi irritano gli happy end venuti fuori dal cilindro più inaspettatamente di un coniglio bianco, o verde se fosse di Giuliano.
Per quanto, quindi, venga definito un’incredibile epopea romantica (motivo per cui, credo, sia rimasto poi così tanto tempo nella polvere), considero questa storia, invece, un’imponente racconto di vita. Certo, ogni storia d’amore è una storia di vita, ma quella di Florentino, a mio parere, è proprio una storia da tramandare, di quelle che ti lasciano giorni e giorni a riflettere su quanto sia vero quello che dice, su quanto sia fondamentale il suo implicito insegnamento.

Florentino è un uomo innamorato, non particolarmente bello, poco attraente e, oltretutto, fuorimoda.
Florentino ama Fermina.
Florentino vive di quell’amore.
Florentino non cambia mai idea, in cinquantatrè anni, sette mesi e undici giorni da quando l’hai vista.
Florentino è un uomo che crede.
Florentino è un uomo che attende.

Le attese sono quotidiane. Attendiamo il tram, attendiamo la sveglia, attendiamo l’inizio di un film. Attendiamo un sacco di cose.
Attendiamo anche chi amiamo. Attendiamo che ci ricambi i sentimenti, attendiamo che ci dica ti amo, attendiamo che ci baci, attendiamo che ci chieda di sposarlo.
Attendiamo un sacco di cose.

Ma soprattutto, attendiamo quando lui smette di amarci.
Quando qualcuno decide di troncare una storia, decide di non stare più con noi. Di non condividere giorni e notti, parole e pensieri, baci e carezze, decisioni e litigi. Quando qualcuno decide di troncare una storia inizia un dramma quando la controparte è ancora innamorata. Parte in automatico l’attesa. L’attesa che cambi idea, che si renda conto che è stato lo sconforto di un attimo, che la nostra assenza è un macigno rispetto al contrario. Attendiamo che il telefono risquilli perché parlare, in certi casi, non fa mai male. Attendiamo di incontrarlo casualmente per strada e osservare le reazioni rispetto al nuovo taglio di capelli o alla compagnia che ci portiamo accanto. Attendiamo un qualunque segnale, insomma, che ci lasci ancorati a quel sentimento che pare essere inversamente proporzionale alla distanza sempre maggiore che intercorre col passare del tempo.